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gliare la Italia col gesso; e chi diceva come e n erano ca-
gione e peccati nostri, diceva il vero; ma non erano già
quelli che credeva, ma questi che io ho narrati: e perché
elli erano peccati di principi, ne hanno patito la pena an-
cora loro.
Io voglio dimonstrare meglio la infelicità di queste ar-
me. E capitani mercennarii, o sono uomini eccellenti, o
no: se sono, non te ne puoi fidare, perché sempre aspire-
ranno alla grandezza propria, o con lo opprimere te che
li se patrone, o con opprimere altri fuora della tua in-
tenzione; ma, se non è il capitano virtuoso, ti rovina per
l ordinario. E se si responde che qualunque arà le arme
in mano farà questo, o mercennario o no, replicherei co-
me l arme hanno ad essere operate o da uno principe o
da una repubblica. El principe debbe andare in persona,
e fare lui l offizio del capitano; la repubblica ha a man-
dare sua cittadini; e quando ne manda uno che non rie-
sca valente uomo, debbe cambiarlo; e quando sia, tener-
lo con le leggi che non passi el segno. E per esperienzia
si vede a principi soli e repubbliche armate fare pro-
gressi grandissimi, et alle arme mercennarie non fare
mai se non danno. E con più difficultà viene alla obe-
dienza di uno suo cittadino una repubblica armata di ar-
me proprie, che una armata di armi esterne.
Stettono Roma e Sparta molti secoli armate e libere.
Svizzeri sono armatissimi e liberissimi. Delle arme mer-
cennarie antiche in exemplis sono Cartaginesi; li quali
furono per essere oppressi da loro soldati mercennarii,
finita la prima guerra con li Romani, ancora che Cartagi-
nesi avessino per capi loro proprii cittadini. Filippo Ma-
Letteratura italiana Einaudi 44
Niccolò Machiavelli - Il Principe
cedone fu fatto da Tebani, dopo la morte di Epaminun-
da, capitano delle loro gente; e tolse loro, dopo la vitto-
ria, la libertà. Milanesi, morto il duca Filippo, soldorono
Francesco Sforza contro a Viniziani; il quale, superati li
inimici a Caravaggio, si congiunse con loro per oppri-
mere e Milanesi suoi patroni. Sforza suo padre, sendo
soldato della regina Giovanna di Napoli, la lasciò in un
tratto disarmata; onde lei, per non perdere el regno, fu
constretta gittarsi in grembo al re di Aragonia. E, se Vi-
niziani e Fiorentini hanno per lo adrieto cresciuto lo im-
perio loro con queste arme, e li loro capitani non se ne
sono però fatti principi ma li hanno difesi, respondo che
Fiorentini in questo caso sono suti favoriti dalla sorte;
perché de capitani virtuosi, de quali potevano temere,
alcuni non hanno vinto, alcuni hanno avuto opposizio-
ne, altri hanno volto la ambizione loro altrove. Quello
che non vinse fu Giovanni Aucut, del quale, non vincen-
do, non si poteva conoscere la fede; ma ognuno confes-
serà che, vincendo, stavano Fiorentini a sua discrezione.
Sforza ebbe sempre e Bracceschi contrarii, che guardo-
rono l uno l altro. Francesco volse l ambizione sua in
Lombardia; Braccio contro alla Chiesia et il regno di
Napoli. Ma vegniamo a quello che è seguito poco tempo
fa. Feciono Fiorentini Paulo Vitelli loro capitano, uomo
prudentissimo, e che di privata fortuna aveva presa
grandissima reputazione. Se costui espugnava Pisa, ve-
runo fia che nieghi come conveniva a Fiorentini stare
seco; perché, se fussi diventato soldato di loro nemici,
non avevano remedio; e se lo tenevano, aveano ad obe-
dirlo. Viniziani, se si considerrà e progressi loro, si ve-
drà quelli avere securamente e gloriosamente operato
mentre ferono la guerra loro proprii: che fu avanti che si
volgessino con le loro imprese in terra: dove co gentili
uomini e con la plebe armata operorono virtuosissima-
mente; ma, come cominciorono a combattere in terra,
lasciorono questa virtù, e seguitorono e costumi delle
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Niccolò Machiavelli - Il Principe
guerre di Italia. E nel principio dello augumento loro in
terra, per non vi avere molto stato e per essere in grande
reputazione, non aveano da temere molto de loro capi-
tani; ma, come ellino ampliorono, che fu sotto el Carmi-
gnola, ebbono uno saggio di questo errore. Perché, ve-
dutolo virtuosissimo, battuto che ebbono sotto il suo
governo el duca di Milano, e conoscendo da altra parte
come elli era raffreddo nella guerra, iudicorono con lui
non potere più vincere, perché non voleva, né potere li-
cenziarlo, per non riperdere ciò che aveano acquistato;
onde che furono necessitati, per assicurarsene, ammaz-
zarlo. Hanno di poi avuto per loro capitani Bartolomeo
da Bergamo, Ruberto da San Severino, Conte di Pitiglia-
no, e simili; con li quali aveano a temere della perdita,
non del guadagno loro: come intervenne di poi a Vailà,
dove, in una giornata, perderono quello che in ottocen-
to anni, con tanta fatica, avevano acquistato. Perché da
queste armi nascono solo e lenti, tardi e deboli acquisti,
e le subite e miraculose perdite. E, perché io sono venu-
to con questi esempli in Italia, la quale è stata governata
molti anni dalle arme mercennarie, le voglio discorrere,
e più da alto, acciò che, veduto l origine e progressi di
esse, si possa meglio correggerle. [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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